Stasera Jazz. Il libro di Arrigo Polillo

Presentazione

Dopo il lavoro pionieristico di Giancarlo Testoni è stato Arrigo Polillo a far crescere la critica jazzistica italiana a livelli europei, riunendo intorno alla rivista Musica Jazz una cerchia di qualificati collaboratori e firmando direttamente quello che è ancora il miglior libro italiano sulla storia del jazz in generale. Ma Polillo svolse anche una importante opera promozionale organizzando concerti e festival, segnatamente a Milano e a Sanremo. Le sue esperienze, i suoi incontri diretti con i maggiori protagonisti della storia del jazz e con i molti problemi dell’organizzatore sono descritte dalla sua penna appassionata, capace di grande umanità ma pungente quando necessario, in “Stasera Jazz” pubblicato nel 1978 dalla Arnoldo Mondadori Editore. Oggi possiamo mettere a disposizione online il testo di questo volume grazie alla grande generosità del figlio Roberto, che dette a sua volta un importante contributo sia alla rivista che alla pubblicistica italiana con la sua attività di fotografo. Le foto di Roberto Polillo sono un complemento visivo alle memorie del padre e una documentazione vibrante della scena del jazz italiano per oltre due decenni, e siamo praticolarmente lieti di poterne presentare una scelta nelle pagine di questo sito.

Francesco Martinelli
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Arrigo Polillo – STASERA JAZZ

Come potrebbe, chiunque in Italia sia appassionato di jazz, non essere grato ad Arrigo Polillo? E chi potrebbe non invidiarlo? Polillo ha avuto la ventura di incontrare i grandi maestri del jazz (Armstrong, Ellington, Coltrane, Lester Young, Mulligan, Hawkins, Monk, Mingus, Davis e molti ancora) e di organizzare le loro esibizioni in Italia. Così ha potuto conoscerli sul piano personale, fuori del mito che ne ha fatto dei mostri sacri. Questo privilegio gli consente oggi, in Stasera Jazz, di offrirci una gustosissima rievocazione, scandita in una serie di ritratti inediti e illuminanti. Uomini come quelli che hanno fatto il jazz difficilmente potevano avere una carriera sobria, savia, uniforme. Forse mai prima di loro una pleiade di artisti tanto grandi era stata espressa dagli strati subalterni (anche razzialmente subalterni) di una società. L’universo dei giganti del jazz è stato anche un universo di traumi, di sperperi, di droga. Non per questo Polillo insiste sul tasto della sregolatezza. E’ con molta discrezione e delicata amicizia che egli delinea in pochi tratti la personalità dei suoi eroi, le loro debolezze, le loro parabole creative, cariche di geniali esplosioni, di offuscamenti, di riprese, di cedimenti alle esigenze commerciali. Quando nel 1936 Polillo lo scoprì, il jazz era per gli europei poco più di un esotico monosillabo. Oggi forse a molti giovani rischia di suonare come un sinonimo di rock. In Stasera Jazz Polillo ci guida a scoprire il significato e la storia di quel monosillabo, così come li ha scoperti lui, incontro dopo incontro, concerto dopo concerto, festival dopo festival. Stasera Jazz è una sorta di diario fedele e ininterrotto che riscrive, nella filigrana di una prima presona mai pettegola e invadente, sempre partecipe e attenta tra le quinte, quarant’anni di jazz in Italia e nel mondo.

 

Introduzione

«Hai conosciuto John Coltrane?», «Sì? E che tipo era?»
Non so quante volte mi sono sentito rivolgere domande simili; solo il nome variava di volta in volta. Non che i miei interlocutori volessero da me un’analisi approfondita, uno studio psicologico: si accontentavano di molto meno. Anche di sapere se il Tale è antipatico o simpatico, se è intelligente o tonto, se è gentile oppure no.
Ho sempre cercato di rispondere come meglio potevo alle domande che mi venivano rivolte, ma alla fine mi sono dovuto chiedere: perché non rispondere una volta per tutte per iscritto, e cioè con un libro?
Queste pagine sono nate così. In esse ho cercato di scrivere un rapido diario di quarant’anni vissuti in mezzo al jazz, e più precisamente tra le quinte de jazz. A costo di sorprendere qualche famoso jazzman in pigiama.
Nello scrivere mi sono giovato di una guida: le pagine di oltre trenta annate del mensile «Musica Jazz», di cui sono stato, dal principio, e per vent’anni, il Redattore capo, e quindi il Direttore. In quelle pagine si ritrova il segreto di una memoria che altrimenti parrebbe prodigiosa; lì, io e i miei amici abbiamo annotato mese per mese tutto ciò che di rilevante accadeva nel mondo del jazz, in Italia e altrove; lì sono contenute innumerevoli recensioni, reportages, interviste che, rilette, mi hanno restituito, con la vivezza del momento, le sensazioni, le impressioni che provai quando mi trovavo coinvolto negli avvenimenti.
Qualcuna delle pagine che seguono è stata ripresa pari pari di lì. In certi casi, infatti mi sarebbe sembrato di confezionare un falso se avessi tentato di riandare con la memoria, sempre un poco deformante, e con la mentalità di oggi, ad avvenimenti lontani.
naturalmente, in questo libro non si parla di tutti i musicisti che contano nella storia del jazz. Con molti ho avuto solo rapporti fugaci e non significativi; altri non ho avuto l’occasione di incontrarli, per lo più perché erano già scomparsi di scena quando io cominciai a occuparmi di jazz. E mi riferisco non solo ai pionieri, come Jelly Roll Morton, King Oliver o Bix Beiderbecke, ma anche a uomini della successiva generazione come Fats Waller, Tommy Dorsey o Art Tatum, il quale ultimo fu da me scritturato quando ormai era troppo tardi: morì infatti poco prima che la sua ultima tournée europea, già fissata, potesse iniziare.
Un ultimo avvertimento: con le indiscrezioni dissacratorie ci sono andato piano, come si dice. Considero gli uomini di cui si parla in queste pagine degli amici, e non intendo tradirli spettegolando sul loro conto con il cattivo gusto di certi settimanali. Mi limiterò a raccontare tutto ciò che ritengo utile alla comprensione della loro personalità. In realtà io penso, in tutta sincerità, che sia stata per me una grande fortuna conoscere tanti artisti di rilievo e avere avuto tanto spesso il privilegio di applaudirli da vicino, seminascosto tra le quinte, o dietro un fondale di teatro.